mercoledì 28 dicembre 2011

Il Kanji più rappresentativo del 2011


Alla fine di ogni anno, così come accade in Italia, in Giappone si elegge la parola (o meglio il kanji) più rappresentativo dell’anno che sta per finire.  

Tuttavia, mentre noi italiani ci dibattiamo tra “spread”, “crisi” e “bunga bunga”, in Giappone la parola
più rappresentativa del 2011 è "". Questo kanji, scelto dalla Kanji Proficiency Society ( 法人 日本 汉字 能力 协会) e premiato a Kyoto, presso il Tempio di Kiyomizu il 12 dicembre, simboleggia i legami affettivi tra le persone.
Molto probabilmente, la ragione di questa vittoria è da ricercare nel terremoto che ha colpito questa stupenda nazione lo scorso 11 marzo. Questo evento disastroso ha innescato una vera e propria gara di solidarietà in tutto il Giappone, favorendo lo scambio e i legami tra le persone. Nonostante la vittoria sia andata ad una parola dalle sfumature decisamente positive, al secondo posto della classifica troviamo il kanji "" che significa "disastro"e, in terza posizione, c’è il kanji che significa "scuotere" o "brivido". "", segno che il terremoto ha lasciato un'impronta drammatica in ogni singolo giapponese.

Qui di seguito il video della cerimonia di premiazione del kanji dell’anno




Il razzismo in Giappone: i Burakumin 部落 民

I Burakumin (部落 ) costituiscono una minoranza giapponese al pari degli Ainu di Hokkaido e dei Ryukyuans di Okinawa.
I burakumin discendono dalle  comunità di emarginati dell'epoca feudale, che comprendeva coloro che si occupavano di cose considerate "contaminate" come i macellai, i becchini, i conciatori. Essi vivevano isolati in borghi che costituivano veri e propri ghetti.
Con l’abolizione del sistema feudale, nel 1871, essi sono stati ufficialmente dichiarati liberi. Tuttavia, la società giapponese continua a considerarli “diversi” e ad indulgere in forme più o meno gravi di discriminazione sociale. In un sondaggio del 2003, risulta che il 4,6% dei giapponesi non vorrebbe mai avere come vicino di casa un burakumin.
Per fronteggiare questa situazione i burakumin, a partire dal 1922,  si sono riuniti in un’Associazione Nazionale che si impegna a migliorare le loro condizioni di vita e chiede al governo una maggiore attenzione a questa problematica sociale.
In effetti, dal 1965, sono state varate alcune leggi a tutela di questa minoranza; nonostante l’impegno del governo, però, la situazione non è mai completamente migliorata, tanto che dal 1980 si sono spontaneamente creati movimenti giovanili di dissenso, a favore dei burakumin.
Nella letteratura, si trovano spesso riferimenti a questa minoranza sociale. In particolare, vi consiglio un testo che più di tutti delinea la miseria umana in cui sono relegati i burakumin. Si tratta di Mille anni di piacere dello scrittore Kenji Nakagami che intreccia le storie “maledette” di sei personaggi allevati da una stessa nutrice Oryù , che funge anche da narratore onnisciente.


martedì 20 dicembre 2011

Il teru teru bozu (てるてる坊主)



Il teru teru bozu (てるてる坊) è una bambola in stoffa o carta che i bambini giapponesi utilizzano come amuleto per allontanare la pioggia. Si dice che questa bambola, sia in grado di spaventare  Amefushi, lo spirito della pioggia, se posizionata fuori dalla finestra oppure appesa ad un ombrello.

Essa si costruisce ricoprendo una pallina o un qualsiasi oggetto sferico con stoffa o carta, che viene poi fissata con dello spago. Successivamente si disegnano occhi, naso e bocca (rigorosamente sorridente) ed eventualmente si canta una simpatica filastrocca che recita più o meno così:



Teru Teru Bozu, Teru Bozu, portami il sole domani

Se il cielo sarà sereno come lo sogno ti regalerò un campanello dorato.

Teru Teru Bozu, Teru Bozu,  portami il sole domani

Se ascolterai le mie preghiere ti donerò del sake dolce

Teru Teru Bozu, Teru Bozu portami il sole domani

Se sarà nuvoloso ti staccherò la testa



Il Natale in Giappone con la Kurisumasu keki



La festività del Natale fu introdotta in Giappone nel XVIsecolo, con l’arrivo dei primi europei cristiani che rappresentano circa il 2% della popolazione.
Il Giappone è in prevalenza buddista e scintoista, motivo per cui il Natale riveste una scarsa importanza. Nonostante tutto, i giapponesi hanno spogliato questa festività delle implicazioni religiose e hanno cominciato a festeggiare il Natale in senso soprattutto “commerciale”.
Il 24 dicembre, infatti, mangiano una torta natalizia (クリスマスケーキ Kurisumasu keki) venduta per la prima volta nel 1910 a Ginza, presso i negozi Fugiya. Questa torta, fatta semplicemente con pan di spagna, frutta e panna, è decorata con immagini di Santa Claus o altri simboli natalizi.
Inoltre, la sera di Natale, grazie alla abilità di marketing della Kentucky Fried Chicken, si gusta il “setto” (set), che consiste in un semplice "pollo di Natale".
In effetti in Giappone, l’incidenza della pubblicità e del mondo occidentale, hanno trasformato in nostro Natale in una festa molto simile a quella di San Valentino. I giovani si scambiano regali e promesse di eternità, trascorrendo la sera del 25 dicembre in costosi ristoranti o in luoghi romantici. Le città vengono addobbate con il classico albero di Natale e le vetrine sono piene di dolciumi che aspettano solo di essere acquistati.

Vi lascio con una video-ricetta della kurisumasu keki:







martedì 13 dicembre 2011

Il castello in Giappone 城





I castelli hanno caratterizzato per secoli la storia, la cultura e il paesaggio del nostro continente. Tuttavia, nonostante siano una creazione tipicamente europea, sono stranamente presenti in Giappone. Si tratta di un vero e proprio unicum nel panorama asiatico, spiegabile forse con il fatto che il Giappone, fra il XV e il XIX secolo, conobbe forme di governo molto simili a quella feudale europea.
Il castello giapponese ( shiro) ha un’architettura meno elaborata di quella europea; generalmente, è costituito da un unico edificio centrale a base quadrata che si sviluppa e si articola su più piani.

La classificazione dei castelli giapponesi avviene in base alla loro topografia che coincide spesso con l’epoca storica di costruzione. Per questo motivo è possibile individuare quattro diverse tipologie:

Yamajiro 山城
Di questo gruppo fanno parte le roccaforti più antiche e significative del Giappone.  Costruite sulle cime delle montagne, erano l’ideale in tempi di conflitto in quanto difficili da assaltare. Molte di queste fortezze sono state costruite nel 1600 e abbandonate quando le moderne tecniche di costruzione le ha rese obsolete. Ricordiamo il Bitchū Matsuyama e il Castello di Oka, abitati fino alla fine dell'età feudale giapponese.

Hirayamajiro - 山城
Dal 1550 ci fu la necessità di edificare castelli non più con funzione puramente difensiva ma  con funzione prevalentemente amministrativa. Per questo motivo, furono costruiti castelli molto più accessibili ed ampi, non necessariamente protetti da barriere naturali. Ne sono un esempio il Castello di Himeji e il Castello di Kumamoto.

Hirajiro - 平城
Si tratta di castelli costruiti in pianura, concepiti in un tempo in cui bastava una palude o un corso d’acqua per sentirsi al sicuro dal nemico; queste fortezza presentano spesso ampi fossati. A questa categoria appartengono il Castello di Ōsaka e il Castello di Saga.

Mizujiro - 水城
Sono i castelli galleggianti, spesso assimilati alla categoria dei hirajiro. Essi hanno un fascino particolare proprio per la presenza dell’elemento acquatico che serviva a separare i castellani dal resto del territorio.


Molti dei castelli giapponesi sono diventati patrimonio dell’UNESCO. Tra i più belli ricordiamo quello di Himeji 姫路市, costruito nel XVI secolo e sede degli ultimi daimyo tozawa (daimyo che si sottomettevano allo shogun); quello di Nijo 二条城 (Kyoto), la cui costruzione fu avviata dallo shogun Tokugawa Ieyasu, fondatore dello shogunato dei Tokugawa; il Castello di Shuri 首里城 (Naha), costruito sul mare e residenza reale del regno delle Ryukyu.

Vi segnalo un mini documentario sul castello di Himeji (in italiano): http://www.youtube.com/watch?v=MZoH7vZiQZs

lunedì 12 dicembre 2011

Gli antenati dei robot: le Karakuri ningyō (からくり人形)

Le Karakuri ningyō (からくり人形 letteralmente: bambole meccaniche) sono i primi esempi di robot della storia. Inventate da abilissimi artigiani giapponesi intorno al 1600, conobbero la loro massima diffusione intorno nel periodo Edo, per poi evolversi in forme sempre più raffinate e complesse.

Il meccanismo di queste “bambole meccaniche” era assai semplice e molto simile a quello utilizzato nella fabbricazione degli orologi. I materiali utilizzati erano principalmente legno, corda e parti metalliche; esse svolgevano funzioni semplicissime che riproducevano la vita quotidiana di qualsiasi giapponese dell’epoca come servire il tè, inchinarsi o passeggiare.
E’ possibile operare una classificazione di karakuri in tre modelli: i Butai karakuri (舞台 から くり), spesso utilizzati nelle rappresentazioni teatrali, essi hanno variamente ispirato e influenzato il teatro Noh e il Kabuki, soprattutto per quanto riguarda la gestualità e l’immobilità dei volti; i Zashiki karakuri (座敷 から くり), utilizzati come ornamento o a scopi ludici nelle case; i Dashi karakuri (山車 から くり) impiegati nelle feste religiose per la rievocazione di antichi miti.

Per chi fosse interessato, è possibile ammirare una ventina di queste straordinarie bambole in una mostra che si tiene nei sotterranei di Palazzo Barolo a Torino, che terminerà il 18 dicembre (http://www.bambolegiappone.it/mostra/bambole-giapponesi.html).

Inoltre, in Italia, è possibile imparare a fabbricare dei robot (eventualmente ispirati alle karakuri) alla Scuola di Robotica di Genova, che troverete a questo indirizzo: http://www.scuoladirobotica.eu/





















Il Santuario di Ise (伊勢神宮)



Il Santuario di Ise (伊勢神宮 Ise-jingū), situato nella città di Ise a sud dell’Honshu, è il più importante santuario scintoista del Giappone e costituisce una delle più grandi attrazioni turistiche del paese.
La sua storia è ricca di fascino e mistero. Si racconta che esso sia sorto all'interno del "Sacro Bosco di Ise Jingu," un fitto bosco di cipressi giapponesi (hinoki) che copre 5500 ettari. In tempi remoti questi cipressi erano considerati sacri ed adorati come divinità. Successivamente, uno di questi alberi “speciali” fu tagliato e intorno al suo tronco fu edificato il santuario.
In realtà il Santuario è costituito da più di un centinaio di templi autonomi, ognuno dei quali circondato da decine di ettari di foresta. All’interno dell’area sacra è possibile individuare due zone principali: Gekū (外宮?) o "Santuario esterno", collocato nella città di Yamada e dedicato alla divinità Toyouke no Omikami, dea del cibo, dell’agricoltura, dell’abbigliamento, e del riparo; e Naikū (内宮?) o "Santuario interno", situato nella città di Uji e dedicato alla dea Amaterasu Omikami, dea del sole e divinità suprema, considerata l'antenata della famiglia imperiale.
Presso il Santuario risiede la sacerdotessa suprema: la Saishu, considerata più sacra del sommo sacerdote scintoista (Dai-Guji). Il ruolo di sacerdotessa, rigorosamente casta e nubile,  è ancora oggi ricoperto da un membro femminile della famiglia imperiale. Ella ha il compito di officiare le cerimonie religiose più importanti e funge da intermediaria tra gli dei e i fedeli.

Strettamente collegata alla storia del Santuario è una delle opere più antiche della letteratura giapponese: l’Ise monogatari (伊勢物語), composto tra il IX e il X secolo ad opera di autore anonimo. Si tratta del racconto della vita di Ariwara no Narihira, un libertino che non esita ad escogitare qualsiasi espediente pur di trascorrere un'infuocata notte d'amore. Una delle sue avventure ha come protagonista proprio la Sacerdotessa di Ise, che avrebbe dovuto conservare la sua castità a costo della vita.

Vi lascio l'incipit di questa bellissima opera letteraria di cui consiglio vivamente la lettura.
むかし、おとこ、うゐかうぶりして、ならの京、かすがのさとに、しるよしゝて、かりにいにけり
そのさとに、いとなまめいたるをむなはらからすみけり。このおとこかいまみてけり。
おもほえずふるさとにいとはしたなくてありければ、心地まどひにけり。
おとこのきたりけるかりぎぬのすそをきりて、うたをかきてやる。
そのおとこ、しのぶずりのかりぎぬをなむきたりける。
かすがのゝわかむらさきのすり衣しのぶのみだれかぎりしられず
となむをいづきていひやりける。ついでおもしろきことゝもやおもひけむ。



“Una volta, un certo uomo, vestiti i panni della maggiore età, avendo diversi possedimenti nel villaggio di Kasuga, presso l’antica capitale Nara, vi si recò a caccia. In quel villaggio vivevano due sorelle, figlie della stessa madre, paricolarmente giovani ed affascinanti. Quell’uomo le vide di sfuggita.Poichè nel suo paese natale era estremamente inusuale (che vi fossero donne così belle), ne rimase colpito. Quell’uomo tagliò un orlo della veste da caccia che stava indossando, e vi scrisse un’intera poesia. Stava indossando niente meno che una veste da caccia di stoffa di Shinobu! Come fosse già un uomo maturo, scrisse così: “Oh, veste tinta del tenue Murasaki dei campi di Kasuga! La trama intricata di Shinobu non conosce limiti!” Certamente, si sarà subito ritenuta cosa degna di nota.”

http://www.isejingu.or.jp/english/ (Sito ufficiale del Santuario)